Walter Benjamin, critico e filosofo tedesco di origine ebraica, in questo testo racconta il disfarsi della sua biblioteca, raccogliendo le riflessioni sorte nell’aprire le casse in cui erano stati riposti a lungo i suoi libri, a causa di un trasloco. Il tempo trascorso in mezzo agli scatoloni ispira questo saggio centrato sulla figura del collezionista, e quindi anche su se stesso. L’esistenza del collezionista è delineata in una tensione costante tra disordine e ordine, data dal possesso di un insieme ingarbugliato di volumi che, nella consuetudine e familiarità, assume un proprio ordine. Ogni singolo libro evoca, oltre a vari ricordi, l’epoca, il paesaggio e il proprietario da cui proviene, sino a divenire “un’enciclopedia magica”.
Per il collezionista acquisire un libro significa farlo rinascere, rinnovando il mondo antico. Tra i modi di procurarsi i libri, che il collezionista non necessariamente leggerà, è previsto anche il prestito senza restituzione, oltre gli acquisti durante i viaggi nelle piccole botteghe dell’antiquariato e nelle più distanti cartolerie o attraverso i cataloghi; in quest’ultimo caso occorrono competenza e denaro, ma anche un fiuto particolare che consenta di trarre informazioni da data, formato, rilegatura. Nelle aste, infine, è necessario dividere l’attenzione tra libri e concorrenti, mantenendo sempre i nervi saldi. Tra tutti i modi, l’eredità è quello più fondato per ottenere una collezione. Benjamin ci dice che estrarre i libri dalle casse significa anche risvegliare ricordi dell’infanzia, della città in cui sono stati trovati, delle stanze in cui li abbiamo conservati; la felicità del collezionista si sposa così con la felicità dell’uomo: il collezionista abita nei suoi libri. Seguono due testi, uno in cui l’autore, attraverso il simbolo del camino, parla del romanzo e l’altro, in cui indaga le cause del successo editoriale di un trattato dedicato alle erbe medicinali.
In questo piccolo ma denso testo, Benjamin mette in luce le caratteristiche proprie del collezionista, partendo dalla sua esperienza personale di “cacciatore di libri”; con sguardo acuto di filosofo, va in cerca delle ragioni profonde della passione per i libri antichi, arrivando a cogliere la magia della figura del collezionista, che unisce l’immagine del vegliardo a quella del bambino, e rivelando sia il calore che offre la lettura del romanzo sia la poesia celata sotto le vesti di un semplice manuale, di grande successo.
Un testo originale, per nulla scontato, capace di incuriosire amanti della lettura e dei libri.